
07 Ago Deinfluencing: il futuro del marketing digitale e l’impatto sulla strategia di branding
Gli influencer sono persone che hanno molto seguito sui social media e che sono capaci di incidere sulle abitudini e sui comportamenti d’acquisto del pubblico.
Proprio grazie al loro grado di popolarità, gli influencer stringono collaborazioni e contratti con i brand che desiderano pubblicizzare i loro prodotti e servizi.
Qualche mese fa, in un nostro articolo, abbiamo parlato dell’influencer marketing, ovvero quell’insieme di attività che prevede la promozione attraverso partnership con testimonial, celebrità e blogger di successo.
Nel 2022 questo mercato valeva oltre 16.4 miliardi di dollari, cifra che è destinata a crescere alla chiusura di quest’anno.
In questo contesto, un ruolo determinante è giocato soprattutto da TikTok, che dà voce non soltanto a creator e influencer, ma anche a persone comuni, che desiderano consigliare e fare una recensione dei prodotti e servizi del momento.
Grazie al passaparola social, alcuni libri, capi d’abbigliamento e accessori diventano virali e scalano le classifiche di vendita, risultando introvabili nei negozi e negli shop online.
Instagram e TikTok si prestano perfettamente alla promozione dei brand, grazie ai format “unboxing”, “video haul” e “get ready with me”, in cui gli influencer rispettivamente aprono i pacchi ricevuti, mostrano il contenuto dei sacchetti e si preparano davanti alla telecamera, commentando i vestiti, i trucchi e gli accessori che utilizzano.
A rendere così efficaci questi contenuti è proprio la spontaneità che li caratterizza e che consente agli utenti di far parte della vita dei creator, scoprendo cosa si nasconde dietro a un make-up perfetto o quale sia il libro che li ha ispirati e che tengono sul comodino.
Ma è davvero così? Una recente tendenza sta invertendo la rotta e mettendo in discussione le dinamiche che si nascondono dietro ai consigli del web.
Il deinfluencing è un fenomeno con 776,4 milioni di visualizzazioni su TikTok, che consiste nello sconsigliare prodotti, servizi e brand. La logica è la stessa dell’influencer marketing, in quanto al centro dei contenuti ci sono sempre accessori, libri e trucchi virali, ma anziché tesserne le lodi, i creator spiegano perché non vale la pena acquistarli.
A rendere così popolare l’hashtag #deinfluencing è il sentimento di onestà che permea nei post. Scorrendo le Stories di Instagram o la For You Page di TikTok, infatti, saltano all’occhio sempre gli stessi prodotti, che i brand inviano a tutti gli influencer del momento, e che grazie a queste collaborazioni ci vengono consigliati con entusiasmo.
Il deinfluencing scardina questo processo: al centro dei contenuti non vi è più l’azienda che intende farsi pubblicità, bensì il creator che mal sopporta queste logiche di marketing e vuole svelare ciò che realmente si nasconde dietro ai prodotti e ai servizi virali.
I TikToker, i blogger e le celebrità, attraverso le collaborazioni e i contenuti #adv, creano nella mente degli utenti un bisogno, che viene abilmente sopito dal deinfluencing.
Le visualizzazioni e il successo di questo fenomeno indicano che il deinfluencing, se utilizzato con consapevolezza, rappresenta una grande opportunità per il marketing digitale.
I potenziali consumatori, infatti, ormai saturi dal bombardamento pubblicitario, non riescono più a fidarsi a prescindere di quello che i social promuovono e si affidano a qualcuno che preferisca la reputazione alle collaborazioni.
I cosiddetti deinfluencer, mossi dall’imperativo “save your money”, diventano dei punti di riferimento sinceri e genuini per gli utenti, che chiedono loro pareri e consigli, in quanto li ritengono affidabili.
La logica che sta dietro al deinfluencing, dunque, non è mirata a sollevare polemiche o ad andare necessariamente controcorrente, bensì prevede lo scardinamento delle dinamiche tra brand e testimonial e dà visibilità soltanto ai prodotti e ai servizi che la meritano.
I creator che realizzano contenuti mirati a sconsigliare o a dire la verità dietro ad alcune aziende, non soltanto aumentano il loro grado di credibilità, bensì ottengono migliaia di visualizzazioni e diventano virali quanto gli influencer.
Il fenomeno del deinfluencing ha delle conseguenze importanti non solo per i consumatori, ma anche e soprattutto per i brand. Come può un’azienda prevenire le recensioni negative e generare profitto, continuando a rivolgersi ai creator?
Innanzitutto, è opportuno elaborare una strategia di branding che conferisca al marchio credibilità e affidabilità. Per fare questo, le aziende devono stringere partnership con creator e blogger che rispecchiano i loro valori e che hanno attinenza rispetto al prodotto o servizio da promuovere. Nella scelta delle collaborazioni, inoltre, la qualità è più importante della quantità. I brand che risultano più credibili sono coloro che scelgono pochi influencer accuratamente selezionati, piuttosto che quelli che inviano i loro prodotti a tutti, sperando di raggiungere un numero di persone più alto.
Una partnership di livello garantirà contenuti veritieri e opinioni più sincere, che disincentiveranno in seguito i creator dal fare contenuti a tema #deinfluencing.
Come tutti i fenomeni del marketing digitale, dunque, questa recente tendenza a sconsigliare prodotti e servizi, rappresenta per le aziende l’opportunità di emergere e di differenziarsi nel mercato, risultando di qualità superiore e più affidabile rispetto ai competitor.
Noi de Le Fucine siamo attenti alle ultime tendenze e alla continua ricerca di soluzioni innovative.
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