
11 Lug Serie tv, tecnologia e realtà: l’evoluzione di Black Mirror
Negli ultimi anni le serie televisive sono diventate parte integrante della nostra quotidianità. Gli abbonamenti a Netflix, Amazon Prime Video, Disney+ e NowTV hanno progressivamente sostituito l’accesso ai siti di streaming. Il concetto di riunirsi una volta a settimana per guardare un nuovo episodio è stato quasi del tutto rimpiazzato dal binge watching, ovvero la maratona di puntate, fino a notte fonda.
L’impatto delle serie tv nella società è profondo e tangibile. Le storie, infatti, non sono più confinate dietro ad uno schermo, ma sfondano la quarta parete, piombando nella realtà che ci circonda e diventando un vero e proprio mezzo di comunicazione e di condivisione.
In primo luogo, vi sono numerosi studi che testimoniano l’importanza delle serie televisive nella riduzione del pregiudizio, come dimostrato dalla ricerca degli psicologi sociali Schiappa, Gregg e Hewes mediante la somministrazione delle prime dieci puntate di Six Feet Under a un gruppo di studenti universitari. I risultati confermavano che individui coinvolti avevano reagito positivamente, avendo così ridotto il loro pregiudizio nei confronti degli omosessuali.
Inoltre, le serie tv hanno un forte impatto anche nei confronti dell’esperienza di viaggio, con il diffondersi del cosiddetto “teleturismo”, ovvero la tendenza degli spettatori più appassionati di recarsi nei luoghi in cui sono realizzate le riprese dei loro programmi preferiti. L’esempio più eclatante riguarda le ambientazioni de Il Trono di Spade: dalla Croazia alla Spagna, dall’Islanda al Marocco, le location di GoT sono ogni anno la meta di migliaia di fan.
Le serie televisive influenzano molto anche la comunicazione e il marketing. Spesso i brand prendono in prestito il tormentone dello show del momento, oppure fanno delle collaborazioni e degli eventi a tema, per sfruttare l’onda del successo. Uno degli esempi più interessanti del rapporto tra serialità televisiva e pubblicità riguarda l’azienda alimentare Heinz. Nel 2017, la multinazionale ha realizzato uno spot per promuovere il ketchup, ispirandosi alla serie tv Mad Men, che aveva per protagonista la Sterling Cooper Draper Pryce, un’agenzia di comunicazione newyorkese degli anni ’50. Nel quarto episodio della sesta stagione, infatti, il protagonista Don Draper aveva proposto proprio a questa azienda una pubblicità che raffigurava delle patatine fritte, una porzione di bistecca e un cheeseburger, sopra le quali campeggia la scritta “Pass the Heinz”. Oltre che essere una trovata che strizzava inequivocabilmente l’occhio agli appassionati dello show, l’espediente utilizzato dalla Heinz nel 2017 suggerisce che si può imparare molto da una serie televisiva.
L’influenza esercitata in campo sociale, nel turismo e nella comunicazione dalle serie tv dimostra il rapporto che intercorre tra esse e la realtà ed è testimonianza di quanto sia labile il confine con la fantasia.
C’è una serie tv che più di tutte le altre ha preso spunto dalla realtà, trasformando il futuro in qualcosa di spaventoso e al contempo pericolosamente vicino. Stiamo parlando di Black Mirror, che dal 2011 racconta in ogni episodio una storia diversa. Questa serie televisiva antologica ha come protagonista la tecnologia in tutte le sue forme: social media, realtà aumentata, domotica, app di incontri, software di sicurezza, robot e tanto altro.
Ogni puntata approfondisce una storia, con personaggi e ambientazioni differenti, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, ma il fil rouge che accomuna tutte le sei stagioni è un forte senso di inquietudine che permane anche dopo aver concluso la visione.
A rendere distopica questa serie tv è soprattutto l’accezione negativa attribuita alla tecnologia e al mondo digitale. Tutto ciò che è progresso, in Black Mirror è sinonimo di pericolo, a cui necessariamente consegue un epilogo tragico o un colpo di scena dai risvolti inquietanti.
Nonostante la chiave di lettura che questo show dà della tecnologia, rimane uno dei più amati, in vetta alle classifiche di Netflix, con milioni di fan da tutto il mondo. Questo accade perché, nonostante la narrazione esasperata e iperbolica, in Black Mirror permea comunque una dimensione di realtà, conferita proprio dai device e software al centro di queste storie.
Pensiamo all’episodio 3×01, Caduta Libera, nel quale la protagonista Lacie si trova a fronteggiare i problemi dovuti al calo della sua popolarità, in un mondo in cui lo status sociale corrisponde alle recensioni che gli altri individui lasciano su un social network. Questo racconto ricorda molto gli influencer e il bisogno generato da Instagram o TikTok di ricevere consenso e di essere seguiti.
Oppure, la puntata della seconda stagione, Orso Bianco, tratta una tematica triste quanto attuale, ovvero la giustizia privata e la morbosità delle persone nei confronti dei fatti di cronaca e del true crime.
Ancora, Giochi Pericolosi, secondo episodio della terza stagione, segue le vicende di Cooper, un ragazzo che si offre volontario per sperimentare un videogame impiantato nel cervello, che ricorda molto la realtà aumentata.
Ognuna di queste storie, dunque, prende spunto da un hardware o da un software esistente, esasperando le sue potenzialità e lasciando lo spettatore in uno stato di ansia e di paranoia riguardo all’impatto della tecnologia sulla quotidianità.
Con il passare degli anni, tuttavia, Black Mirror è cambiata. Complice di questa trasformazione è l’acquisto dei suoi diritti da parte di Netflix nel 2015, che per molti appassionati della serie ha influito sulla qualità e sull’impatto emotivo delle stagioni.
Secondo noi de Le Fucine, tuttavia, il cambiamento di Black Mirror è dovuto a una svolta narrativa che può non essere apprezzata ma non deve sorprendere. Le prime stagioni della serie tv britannica, nonostante le ambientazioni diverse e i personaggi differenti, raccontavano di un mondo lontano, in cui la tecnologia aveva preso il sopravvento sull’uomo, trasformando inevitabilmente usi, tradizioni e approcci. Questo, tuttavia, accadeva nel 2011, quando il futuro ci sembrava pieno di potenzialità e rischi. Il decennio successivo, in seguito allo stravolgimento politico nelle aree strategiche del pianeta, alla pandemia, alla guerra e alla crisi energetica, appare senz’altro diverso. Chiunque, voltandosi indietro e guardando avanti a sé, può rendersi conto che il futuro è arrivato. Non ci sono ancora innesti neurologici, strutture in cui prepararsi ad affrontare un talent show, server che consentono all’anima di sopravvivere alla morte o software che censurano le persone. Ma esistono visori per la realtà virtuale, paparazzi disposti a tutto per vendere uno scoop, sofisticati sistemi di domotica e insidiose clausole nei contratti di termini e condizioni.
L’evoluzione narrativa di Black Mirror non si focalizza, dunque, su un universo iper-tecnologico e androide, bensì su un mondo in cui ogni luogo, fatto o persona assomiglia a quello che tanto ricordiamo. Ad inquietare lo spettatore non è più la possibilità che con il passare degli anni i dispositivi digitali e l’innovazione possano prendere il sopravvento e cambiare radicalmente il modo di vivere, bensì il fatto che le storie raccontate da Black Mirror siano – per quanto romanzate – anche spaventosamente reali.
Dal 2011 ad oggi il mondo ha intrapreso un percorso innovativo in continua ascesa e la narrazione di questa serie tv è cambiata rapidamente, dovendosi adattare alle conseguenze di un triennio difficile, che ha alzato l’asticella dell’imprevisto e che ha portato le multinazionali ad affinare la tecnologia per migliorare la vita degli esseri umani.
Noi de Le Fucine, da appassionati ed esperti di comunicazione digitale, riteniamo che i nuovi media e la tecnologia, proprio come qualsiasi altro mezzo, abbiano un valore neutro, il cui potenziale è senz’altro positivo se in mano alle persone giuste (come noi!). Tuttavia, siamo affascinati dal mondo narrato da Black Mirror e dalla morale che si può trarre da ogni episodio.
Ma soprattutto, siamo entusiasti dello stretto rapporto che intercorre tra serialità televisiva e realtà e su come la prima influenzi profondamente e positivamente la pubblicità e la comunicazione.